Tematica Unesco

Villa Almerico Capra detta La Rotonda

Villa Almerico Capra detta La Rotonda

Foto: Marco Bagarella, (da: it.wikipedia).

Datazione: 1566-1591

Ubicazione: Vicenza

Notizie: Villa Almerico Capra detta La Rotonda (conosciuta anche come Villa Capra o Villa Capra Valmarana) è una villa veneta a pianta centrale situata a ridosso della città di Vicenza. Fatta costruire da Paolo Almerico, che la commissionò ad Andrea Palladio a partire dal 1566, fu completata dai due fratelli Capra che acquisirono l'edificio nel 1591. La Rotonda, come divenne nota più tardi, è uno dei più celebrati edifici della storia dell'architettura dell'epoca moderna. Fa parte dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO ed è senza dubbio la villa più famosa del Palladio e, probabilmente, di tutte le ville venete. Nel 1565 il canonico e conte Paolo Almerico, ritiratosi dalla curia romana dopo essere stato referendario apostolico sotto i papi Pio IV e Pio V, decise di tornare alla sua città natale Vicenza e costruirsi una residenza di campagna. La villa che commissionò all'architetto Andrea Palladio sarebbe divenuta uno dei prototipi architettonici più studiati e imitati per i successivi cinque secoli. Nel corso della sua vita, infatti, Palladio progettò circa trenta ville in terra veneta, ma è questa residenza, senza dubbio ispirata al Pantheon di Roma, che è divenuta una delle sue più celebri eredità al mondo dell'architettura, divenendo in seguito fonte di ispirazione per migliaia di edifici. Con l'uso della cupola, applicata per la prima volta ad un edificio di abitazione, Palladio affrontò il tema della pianta centrale, riservata fino a quel momento all'architettura religiosa. Malgrado vi fossero già stati alcuni esempi di un edificio residenziale a pianta centrale (dai progetti di Francesco di Giorgio Martini ispirati a villa Adriana o dallo "studio di Varrone", alla casa del Mantegna a Mantova - o la sua illusionistica "Camera degli Sposi" in Palazzo Ducale -, sino al progetto di Raffaello per villa Madama), la Rotonda resta un unicum nell'architettura di ogni tempo, come se, costruendo una villa perfettamente corrispondente a se stessa, Palladio avesse voluto costruire un modello ideale della propria architettura. Il sito prescelto fu la cima tondeggiante di un piccolo colle appena fuori le mura di Vicenza. A quel tempo il fascino per i valori arcadici iniziava a spingere molti nobili possidenti a misurarsi con le gioie della vita semplice, malgrado gli aspetti piacevoli della vita a contatto con la natura rimanessero ancora in secondo piano rispetto alla scelta, tutta economica, di orientare gli investimenti verso un'agricoltura di tipo intensivo. Essendo celibe, il prelato Almerico non aveva bisogno di un vasto palazzo (vendette anzi quello che la sua famiglia aveva in centro città) ma desiderava una villa sofisticata, e fu esattamente questo che Palladio ideò per lui: una residenza suburbana con funzioni di rappresentanza, ma anche tranquillo rifugio di meditazione e studio. Isolata sulla cima del colle, questa sorta di originale "villa-tempio" in origine era priva di annessi agricoli. L'architetto la incluse significativamente nell'elenco dei palazzi, e non tra le ville, nei suoi Quattro libri dell'architettura pubblicati a Venezia nel 1570. La costruzione, iniziata nel 1566 circa, consisteva di un edificio quadrato, completamente simmetrico ed inscrivibile in un cerchio perfetto (vedi figura a lato). Descrivere la villa come "rotonda" è tuttavia tecnicamente inesatto, dato che la pianta dell'edificio non è circolare ma rappresenta piuttosto l'intersezione di un quadrato con una croce greca. Ognuna delle quattro facciate era dotata di un avancorpo con una loggia che si poteva raggiungere salendo una gradinata; ciascuno dei quattro ingressi principali conduceva, attraverso un breve vestibolo o corridoio, alla sala centrale sormontata da una cupola. L'aula centrale e tutte le altre stanze erano proporzionate con precisione matematica in base alle regole proprie dell'architettura di Palladio, che egli elaborò nei suoi Quattro libri. Proprio la sala centrale rotonda è il centro nevralgico della composizione, alla quale il Palladio impresse slancio centrifugo allargandola verso l'esterno, nei quattro pronai ionici e nelle scalinate. La villa risulta così un'architettura aperta, che guarda la città e la campagna. Il progetto riflette gli ideali umanistici dell'architettura del Rinascimento. Per consentire ad ogni stanza un'analoga esposizione al sole, la pianta fu ruotata di 45 gradi rispetto ai punti cardinali. Ognuna delle quattro logge presentava un pronao con il frontone ornato di statue di divinità dell'antichità classica. Ciascuno dei frontoni era sorretto da sei colonne ioniche (esastilo ionico). Ogni loggia era fiancheggiata da una singola finestra. Tutte le stanze principali erano poste sul piano nobile. Né Andrea Palladio né il proprietario Paolo Almerico videro il completamento dell'edificio, malgrado questo fosse già abitabile nel 1569. Palladio morì nel 1580 e fu così un secondo importante architetto, il vicentino Vincenzo Scamozzi, ad essere ingaggiato dai proprietari per sovrintendere ai lavori di completamento, che si conclusero nel 1585, limitatamente al corpo principale, con la costruzione della cupola sormontata dalla lanterna. Palladio intendeva coprire la sala centrale con una volta semisferica, ma Scamozzi, ispirandosi al Pantheon, adottò invece una volta più bassa con un oculo (che doveva essere a cielo aperto) ed apportò altre limitate modifiche al progetto, come il taglio alla scalinata che permetteva un accesso diretto dall'esterno ai locali di servizio posti al pianterreno. La scalinata fu nuovamente modificata nel XVIII secolo da Ottavio Bertotti Scamozzi che la riportò alla forma originale e il piano attico fu suddiviso in stanze da Francesco Muttoni, che modificò i mezzanini (1725-1740). Alla morte del committente Almerico, nel 1589, la villa finì in eredità al figlio naturale Virginio Bartolomeo il quale, a causa della disastrosa gestione economica, fu costretto a venderla due anni dopo, nel 1591, ai fratelli Odorico e Mario Capra. Furono questi ultimi a portare infine a termine il cantiere trent'anni dopo, nel 1620, con la decorazione interna ad affresco. Lo Scamozzi aggiunse gli annessi rustici esterni (la barchessa, staccata dal corpo principale) per le funzioni agricole, non previste nel progetto originario. Al complesso fu aggiunta infine la cappella gentilizia, costruita da Girolamo Albanese per volontà del conte Marzio Capra tra il 1645 ed il 1663. "La soluzione palladiana esaltando, nell'isolamento, la centralità crea, sì, un'abitazione, ma intesa quale sede adatta, si direbbe, più che alla vita quotidiana, all'altezza dell'intellettuale speculazione: dimora, invero, più che degli uomini, degli dei". L'interno avrebbe dovuto essere splendido non meno dell'esterno; le statue sono interventi di Lorenzo Rubini e Giovanni Battista Albanese; la decorazione plastica e dei soffitti è opera di Agostino Rubini, Ottavio Ridolfi, Ruggero Bascapè, Domenico Fontana e forse Alessandro Vittoria; gli apparati pittorici in affresco sono di Anselmo Canera, Bernardino India, Alessandro Maganza e più tardi del francese Louis Dorigny. Le decorazioni della villa sono state realizzate durante un lungo periodo di tempo e di alcune l'attribuzione non è certa. Tra i quattro principali saloni del piano nobile vi sono la sala ovest, decorata con affreschi di tema religioso, e il salone est, che ospita un'allegoria della vita del primo proprietario conte Paolo Almerico, con le sue numerose ed ammirevoli qualità ritratte in affresco. Il luogo più notevole dello spazio interno è senza dubbio la sala centrale circolare, dotata di balconate, che si sviluppa a tutt'altezza fino alla cupola. Il soffitto semisferico è decorato da affreschi di Alessandro Maganza: anche qui troviamo allegorie legate alla vita religiosa ed alle Virtù ad essa collegate, dove sono raffigurate accanto alla Fama la Religione, la Benignità, la Temperanza e la Castità. La parte inferiore della sala, alle pareti, è invece adornata con finte colonne dipinte in trompe-l'œil e gigantesche figure di dei della mitologia greca, opera successiva del Dorigny. Come nell'architettura di Palladio, pensata per un uomo di chiesa, anche nell'apparato decorativo vengono inseriti elementi formali destinati a suggerire un senso di sacralità, in sintonia con tale programma celebrativo. La quantità di affreschi richiama maggiormente l'atmosfera di una cattedrale che non quella d'una residenza di campagna. Goethe, che fece più volte visita alla villa, disse che Palladio aveva reso un tempio greco adatto ad abitarvi. Dai porticati è possibile godere della meravigliosa vista della campagna circostante, dato che la villa fu consapevolmente progettata per essere in perfetta armonia con il paesaggio, diversamente da edifici come Palazzo Farnese a Caprarola, costruita solo 16 anni prima. Malgrado la Rotonda possa apparire completamente simmetrica, vi sono delle deviazioni, progettate perché ogni facciata fosse il complemento dell'ambiente e della topografia circostante; di conseguenza vi sono delle variazioni nelle facciate, nell'ampiezza dei gradini, nei muri di contenimento ecc. In tal modo la simmetria dell'architettura dialoga con l'asimmetria del paesaggio, per creare nell'insieme una particolare armonia. L'ambiente che circonda la villa offre una visione panoramica di alberi, prati e boschetti, con Vicenza distante all'orizzonte. La loggia settentrionale è inserita nella collina come termine di una strada carrabile che corre dal cancello principale. Questo percorso è un viale tra i blocchi dei servizi, costruito dai fratelli Capra che acquistarono la villa nel 1591, commissionando a Vincenzo Scamozzi di completare l'edificio e costruire le stalle e gli edifici ad uso rurale. Quando ci si avvicina alla villa da questa parte, si riceve l'impressione deliberata che sia stia ascendendo dal basso ad un tempio sulla sommità. Allo stesso modo, in senso inverso, dalla villa si nota il santuario (all'epoca una piccola chiesa) sulla città dalla cima di Monte Berico, che unifica così la villa e la città. La villa è appartenuta alla famiglia Valmarana dall'inizio del XX secolo; l'ultimo proprietario noto è stato Mario Valmarana († 2010), professore di architettura presso l'Università della Virginia, che ne ha curato i continui interventi manutentivi per preservare la Rotonda all'apprezzamento e meraviglia delle future generazioni. La villa è stata inserita nel dicembre 1994, assieme alle altre architetture di Vicenza "città del Palladio", nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

Riferimento: it.wikipedia.org/wiki/Villa_Almerico_Capra


Stato: Italy

Anno: 1973